Brunetta. La cosa che sorprende è come al racconto delle favole il mondo cede arrendevolmente.
Dopo la sua grande riforma dell Pubblica Amministrazione fatta a suon di tornelli, annunci sulla lotta all’assenteismo, sistemi premiali che saranno oggetto di grande lavoro (e risultati risibili se non devastanti) senza aver toccato alcuno dei punti critici della PA,
dopo le sue sorprendenti analisi sul valore della crisi e sull’uscita dalla stessa (già ad agosto 2008 egli intravvedeva come uno stregone i segni di una ripresa…)
dopo le sue innumerevoli millanterie circa la sua “professoralità” e il suo grande valore scientifico rigorosamente autoreferenziato ed auto proclamato,
è ora la volta che il futuro doge di Venezia annunci al mondo quello che gli cova nel cuore per la sua città:
“Ma questo è il mio progetto per Venezia: solo io propongo un’uscita dal declino, e per uscire dal declino occorre l’e-co-no-mia, rilanciare la base economica della città, puntare su un alto valore aggiunto, un po’ com’erano le spezie nella grande Venezia dei secoli passati. Le nostre spezie sono la scienza, l’innovazione e soprattutto le infrastrutture: sublagunare, aeroporto, raddoppio del porto, terminal off-shore dei petroli, che vuol dire portare il petrolio fuori dalla laguna, il Mose… Le grandi istituzioni culturali sono figlie di tutto questo. Vengono dopo». La Stampa 20 marzo 2010
Sembra di sentire il programma di De Michelis di trent’anni fa. Eppure tutte queste nuove infrastrutture sono aria fritta. Sono cose che a Venezia appartengono oramai ai muro che questi discorsi hanno sentito per una vita. L’unica cosa che si sta realizzando è il Mose che non ha alcuna funzionalità per Venezia e che tra vent’anni sarà citato dal mondo intero come l’espressione di una follia tecnica e l’esempio dello sperpero del denaro pubblico. Ma è necessario che prima sia realizzato per compiacere al pool di imprese che progettano costruiscono e gestiranno questa inutile e dispendiosa opera dell’ingegno imprenditoriale di alcune imprese italiche. per poi rendersi conto degli errori e dell’inutilità dell’opera…
Poi tra il dire e il fare… raddoppio del porto di Venezia? porto industriale? porto turistico? porto commerciale?
A questo Brunetta da una risposta: Così continua l’articolo della Stampa
“Oggi le nostre spezie sono le infrastrutture, che ci collocherebbero nel baricentro dell’Adriatico. L’economia è a un tornante globale, si sta spostando da Nord- Ovest a Sud- Est: però Venezia la sua posizione baricentrica se la deve guadagnare, non può sperare le venga data, in una logica assistita». C’è un mercato di 70 milioni di persone – i Balcani e, di là, la Turchia – verso il quale porsi come interlocutori privilegiati. «Un wafer, dico io vista la sua forma, che vale 100 milioni di pil».
La sua Venezia «creerà 50 mila posti di lavoro, e può tornare a superare centomila abitanti ». Investendo, dice, 25 miliardi di euro”
Ecco. l’economia di Brunetta consiste in un investimento pari al 2% del Pil italiano.
E’ Così che si rilancia Venezia… con idee chiare, concrete e credibili.